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Tutti sappiamo cos'è una Lolita. O meglio, tutti pensiamo di saperlo. Da bambina credevo fosse una prostituta, poi crescendo e scoprendo le orribili verità del mondo ho capito che non c'è una vittima da compatire maggiormente di una bambina che si scopre Lolita. Dovrei dire che viene dichiarata più che scoperta. Dolores non è un caso a parte, anche se per la maggior parte del romanzo viene inquadrata come infantile, irritante, melodrammatica, sboccata, astuta e cattiva, diabolica e indisponente come la vedeva la sua povera maman, e come arriva a vederla Humbert prima di perderla e di sublimarla. E Humbert è un uomo malato, un pederasta, che ama quello che bisognerebbe contemplare come esempio di purezza, e di possibile riscatto. In Lolita vede scapole d'albicocca, e labbra rosse, e creste iliache ancora non dischiuse. Circonferenza cosce, altezza, il suo odore ferino, le calze che non vogliono mai stare su, il vestito da marinaretta, le riviste con i fumetti. La possiede con la sua complicità sventata ogni giorno più volte al giorno, e lei è un ammasso di carne intrappolato nell'incubo, a un certo punto ci fa l'abitudine, lui persegue nella certezza che l'amore possa sfuggire alla morale cita codici e leggi sui rapporti tra adulti e ragazzi, cerca una via di scampo che sia legale, cerca un riparo nel tollerante Messico, perché vuole sposare la sua Lolita e godere della felicità che lei, per quanto selvatica e reticente, gli infonde, almeno fin quando non sembrerà troppo donna. In realtà credo che Humbert avrebbe amato Dolores anche dopo l'avvenuta metamorfosi. Il fulcro dell'opera, a parte l'orrore della pedofilia e lo shock del constatare della capacità di Nabokov di recitare così bene la parte di un malato e di creare una creatura che pare poco innocente per i suoi dodici anni, è la ricerca del biasimo popolare, Humbert vuole l'attenzione del lettore, vuole che anche il più tonto capisca che in fondo lui l'ha amata, forse ha iniziato proprio nel momento in cui Lolita è andata perduta, nelle braccia di un altro, e poi in una cucina, e poi definitivamente, in chissà quale stato del nord America. Se non l'avesse amata non avrebbe perso la testa, non avrebbe senso il finale, che non sta molto nelle corde del personaggio, di solito pusillanime, vile, che si dimostra per circa 150 pagine manovrato dalla sua ninfetta. Assistiamo a un ribaltamento delle parti: prima il carceriere è Humbert, la tiene in suo potere, le dona la Luna per un po' di carezze. Questo finché lei non conosce la stessa illusione che culla il suo spasimante: si innamora. Ovviamente sceglie la persona sbagliata, ma apprende cosa vuol dire vivere in funzione di un altro, ed è disposta a tutto pur di garantirsi un futuro con C.Q., pure farsi pagare per delle prestazioni, allenarsi nell'arte della menzogna, abbandonare nei debiti e nel dolore il suo amato/odiato padre/amante. Quando Humbert comprende d'averle distrutto solo la vita, non spezzato il cuore, di aver avuto il suo corpo, non il suo animo, qualcosa in lui si rompe e considera possibili anche gesta violente come l'omicidio (prima non era stato capace di far fuori la Haze, non aveva una valida motivazione, sperava ancora di poter avere la piccola Lolita senza dover eliminare una donna che aveva solo il difetto di amarlo e di esserne gelosa). Questa per concludere è la confessione di un uomo completamente instabile, nevrotico, un pedofilo dotto che cerca nella letteratura l'unica forma di eternità e salvezza che ancora può immaginare per lui, e una richiesta di perdono e di estremo amore verso di lei è il dono puro e paterno, l'unico, che verso Lolita abbia saputo fare, salvarla dall'oblio, e implorare, se un pubblico ascolta le sue suppliche, un trattamento di favore per la sua amata. 4 stelline.

2022-11-14 13:41