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This book presents an interesting theory on how trends develop. The concept is that they spread like epidemics (i.e., the kind caused by germs). An interesting book and an easy read, though less compelling than Blink.

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E' da ieri sera che avrei dovuto scrivere qualche parola su "Delitto e Castigo". Prima di tutto, come tutti i libri che per me hanno significato qualcosa oltre alla semplice commozione temporanea dopo averli terminati, questo romanzo è stato il Titano contro il quale ho lottato costruendo la peggiore delle barricate, issando una caterva di pregiudizi, mobilitando la noia e la puerile convinzione che fosse solo la storia di un delitto e di un castigo qualunque, che oltre al furore e alla vergogna del protagonista non avrei trovato un bel niente. Solo nomi russi, incomprensibili, irripetibili. Era capitato con Marquez, era capitato con Hugo, qualsiasi cosa mi avessero consigliato la distruggevo a pura inezia, se piaceva a tutti allora doveva essere davvero stupido, e poi si sa che il tempo è il miglior cemento e gonfia e irrigidisce i nomi rendendoli più grandi di quanto non siano effettivamente stati. Questo mi dicevo, e tuttavia volevo leggere il romanzo, perché è uno di quelli che "si deve leggere", tutti lo conoscono, tutti lo avevano letto per formarsi un'opinione. L'edizione del libro che comprai risale al 2006. Sono passati 5 anni pieni senza che io riuscissi ad andare oltre pagina 200. Sono tuttavia sempre stata certa che le cose arrivano proprio al momento giusto, che a volte coincide con quello più sbagliato, per permetterti di vedere oltre l'abisso che ti attanaglia uno spiraglio di salvezza e beatitudine. Così stavolta intrapresi di nuovo la lettura del romanzo, quasi ossessionata giunsi dalla prima sera a pagina 100. Al mattino dopo ero a pagina 200. La sera a pagina 350. Ci vollero circa 3 giorni per completarlo, molto meno per rendermi conto di quanto Raskolnikov mi assomigliasse. Questa è la storia di un ragazzo che vede il mondo diviso tra grandi uomini e pidocchi. I grandi uomini sfuggono alla legge, e per far valere le loro idee sono legittimati anche a compiere azioni cruente. All'inizio della vicenda Fedor ci fa credere che sia per la fame, per non pesare sulla famiglia, per poter continuare gli studi che Raskolnikov uccide una strozzina, e sfortunatamente anche la sorella della vecchia, che si trovò in casa durante l'avvenimento dell'omicidio, dopo circa 400 pagina sappiamo che lo fece solo per dimostrare a se stesso di poter essere un Napoleone, non un pidocchio. Ma nel doverselo dimostrare, e nel rendersi conto che avesse compiuto un'azione non di certo mastodontica egli cade in uno stato malsano di incubo, preda dei nervi e della malattia, a tratti infervorato e intrattabile e in altri mite e docile da esser penoso, ma sempre preservando i suoi modi arcigni e un senso di distacco assoluto dalle cose e dalle persone. Finché non fa la conoscenza di Sonia, una ragazza costretta a vendere il suo corpo per sostenere le spese della sua famiglia sventurata, timida e sventurata, dal viso angelico e infantile e dal cuore grande. Non c'è malizia in lei, non c'è disprezzo verso coloro che l'hanno costretta al disonore, è diciamo, la donna angelo e cammina vestita di stracci. E' quanto di più lontano dall'immagine di una Beatrice per come l'ambiente l'ha resa miserabile, ma ancora più per questo la sua bontà e la sua fede incorruttibile spiccano sulla lordura, contrapponendosi all'ateismo e alle teorie malsane di Raskolnikov. Sonia salva Raskolnikov, convincendolo prima a confessare il misfatto, e poi ad accettare la sua sorte, i lavori forzati, e soprattutto il pentimento. Non c'è un attimo in cui si dubiti che i due si amino e siano destinati a un avvenire insieme, ma è solo nell'ultima pagina che lui si rende conto che non ci sono altre alternative, e finalmente si spoglia del dolore e della vergogna di essere uno qualunque e decide di amare la vita, e Sonia. Ci sono così tanti richiami a ciò che sto provando che il mio cuore accelerava all'impazzata leggendo le vicende descritte nell'opera. E' una di quelle volte in cui ringrazio fermamente la mia buona stella d'avermi donato una passione tanto rara quale la lettura, di non avere a noia le storie d'altri che spesso nemmeno sono state per davvero. Questo romanzo sono sicura, mi aiuterà a cambiare, e a accettare la mia croce.

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We Have Always Lived in the Castle By Shirley Jackson When the fall time of year comes – as it is upon me while I write this small review – I look for books to settle in with during the early nights and long evenings. Autumn is my favorite time of year and I must confess that I look for novels to impress upon me shadow, doubt, yes even fear. Nothing is more frightening than the human heart – and this book. I don’t like gore, nor do I like things that pop out at me. What I do appreciate about a good scare is the way it sticks with a person. We know immediately that something is wrong – with the first paragraph, the feel of ominous history in regards to the characters and a foreshadowing of doom. Ms Jackson was a master. I was wowed by her novel, The Haunting of Hill House and hesitated to read this book for fear of disappointment – far from it. No word is wasted every single character, every single stick of furniture described is a potentate ruling over the drive of the novel – to put the reader on edge. And I was on edge. Yes, we know early on that the town’s people believe one thing and the reality of the situation was another. That is also the glory of the novel. We are also front and center to the debauched human heart. The scenes start to accumulate near the end like a well-organized log jam. And here is the hurt, the fright that stayed with me – who in the end was the real criminal and what good, is human ordained redemption? After mob violence, destruction and blazing hate what can really be done to assuage the scars – nothing. So what happens? What happened before – the wound is covered, the actions buried - alive. “It was a fine April morning when I came out of the library; the sun was shining and the false glorious promises of spring were everywhere, showing oddly through the village grime.” “…my wife Dorothy, who had done me the honor of casting in her lot with mine, although I do not think that she anticipated anything so severe as arsenic on her blackberries. “ “On Saturday mornings I helped Constance. I was not allowed to handle knives…”